Col Vetoraz Spumanti, tra famiglia e tradizione

Loris Dall’Acqua: «Raggiungere il giusto equilibrio tra armonia ed eleganza significa possedere la chiave della piacevolezza».

Col Vetoraz Spumanti, tra famiglia e tradizione
Pubblicato:
Aggiornato:

Col Vetoraz Spumanti, tra famiglia e tradizione

azienda
Foto 1 di 19
FAMIGLIA MIOTTO
Foto 2 di 19
FAMIGLIA MIOTTO3
Foto 3 di 19
FAMIGLIA MIOTTO4
Foto 4 di 19
FAMIGLIA MIOTTO5
Foto 5 di 19
FAMIGLIA MIOTTO6
Foto 6 di 19
FAMIGLIA MIOTTO7
Foto 7 di 19
IMG_2204
Foto 8 di 19
IMG_2263
Foto 9 di 19
IMG_2264
Foto 10 di 19
ingresso1
Foto 11 di 19
accoglienza
Foto 12 di 19
cisterne
Foto 13 di 19
magazzino
Foto 14 di 19
loris dall'acqua
Foto 15 di 19
francesco miotto
Foto 16 di 19
IMG_2233
Foto 17 di 19
panorama1
Foto 18 di 19
superiore-cartizze
Foto 19 di 19

La famiglia Miotto si è insediata sul Col Vetoraz, la collina che oggi dà il nome all’azienda, fin dal 1838. Innocente Miotto, con la moglie Maria, vi costruì, sulla sommità della collina che sovrasta il Cartizze, la casa che ancor oggi è la sede dell’azienda vitivinicola. Innocente ebbe quattro figli. Uno di questi, Stefano, proseguì nell’attività agricola e zootecnica. Stefano e Filomena ebbero cinque figli, Maria, Emma, Ippolito, Anselmo e Narciso. Ippolito e Anselmo presero in mano l’azienda nel 1965. Ippolito, nel 1955, si sposò con Maddalena Dall’Acqua, da cui ebbe tre figli: Maria Teresa, Antonella e Francesco. Quest’ultimo, con la morte del papà nel 1980, proseguì l’attività, intuendo subito che il futuro sarebbe stato nel vino. Da sempre, in verità, dai generosi vigneti del Cartizze i Miotto (dei Vetoraz) producevano un vino, il «Sur Lie» (sui lieviti o vino col fondo), che veniva venduto in botte o in damigiana. Nel 1982 veniva realizzata la prima etichetta: Miotto Francesco, poi trasformata nel 1984 nell’attuale Col Vetoraz. Nel 1993 Francesco Miotto decise di mettere insieme le sue forze con quelle di altri due uomini figli di questo straordinario territorio, l’enologo Loris Dall’Acqua e l’agronomo Paolo De Bortoli. Assieme costituirono l’attuale Col Vetoraz, che oggi esporta il 20% della sua produzione in quattro continenti (in 19 Paesi) e conta su uno staff di 20 persone, producendo ben un milione e 200mila bottiglie l’anno.

I tre soci si posero un ambizioso obiettivo: diventare un’azienda di riferimento qualitativo del territorio di Valdobbiadene: «Questo traguardo - spiega Loris Dall’Acqua - è raggiungibile soltanto facendo una grande selezione delle materie prime, mettendo in bottiglia solo l’eccellenza che la nostra terra può dare. Per far questo Col Vetoraz raccoglie ogni anno il 35% d’uva in più rispetto al proprio fabbisogno, per poter eliminare quelle criticità che si possono presentare, come vigneti sofferenti per siccità o per una forte grandinata. Lo fa raccogliendo uve per il 20% dai propri vigneti e per il restante da 69 piccoli viticoltori selezionati nel corso degli anni e che seguono un progetto di controllo di filiera, seguiti e controllati da un nostro agronomo, con 4 riunioni generali l’anno e presenze in vigneto. Le uve vengono tenute inizialmente separate per poter verificare e valutare le espressioni di ogni singolo vigneto. Solo dopo la vinificazione, e dopo attenta valutazione, vengono selezionati i vini con i requisiti idonei alla produzione Col Vetoraz, mentre il rimanente 35% di eccedenza viene venduto ad altri imbottigliatori. Le partite che vengono riconosciute idonee alla produzione esclusivamente di Valdobbiadene Docg vengono assemblate insieme per costituire la grande cuveé che garantirà l’uniformità di ogni bottiglia dell’annata dichiarata, mantenendo lo standard qualitativo ed escludendo qualsiasi trattamento chiarificante (in etichetta la dicitura “senza collaggio”). Obiettivo è raggiungere equilibrio ed eleganza, perché se coniugate insieme rappresentano la chiave della piacevolezza».

Seguici sui nostri canali